ANNO 14 n° 119
Proust in cucina, La Paulette di Wolinski
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12/01/2015 - 00:00

di Massimiliano Capo

 

Era il 1975 e la Milano Libri Edizioni, benemerita come pochi altri editori, mandava i libreria un fumetto di 350 pagine di grande formato in cui si raccontava la storia di Paulette.
Paulette, ventenne procace e porcella, ingenua quanto basta per essere furbissima, ereditiera plurimiliardaria, si muove tra satiri vetusti, giovani bellimbusti altrettanto procaci amiche, in una danza avventurosa in compagnia di questa improbabile compagnia di giro tra la fine dei sessanta e l’inizio dei settanta del secolo scorso.
Paulette, borghese inconsapevole, travolge con la sua mitezza iconoclasta e impertinente qualunque certezza, qualunque fede, qualunque convinzione, con anarchica passione solo per la passione stessa.
Paulette sono andato a ricercarla nello scaffale della libreria dove tengo i fumetti.
Paulette l’ha disegnata Pichard e l’ha scritta Wolinski.
Wolinski è morto a Parigi nei giorni scorsi, ucciso nell’assalto alla redazione di Charlie Hebdo.
C’è un bell’articolo di Ernesto De Martino che richiama lo studioso di cose che hanno a che fare con noi esseri umani, ad esercitare i propri uffici abbandonando l’idea di potersi collocare in una posizione neutra ed equidistante da ogni punto di vista per assumerne una chiaramente situata e figlia del proprio esser figlio di una storia e di una cultura.
C’era una volta un piccolo filosofo italiano (piccolo perché dalle foto sembra minuto) che ha fatto della mitezza la sua cifra più riconoscibile.
Quel piccolo filosofo si chiamava Aldo Capitini e ha passato tutta la vita a cercare di affermare le ragioni della nonviolenza, della tramutazione degli uomini, della religione aperta.
Lui, che fece atto di apostasia per aprirsi alle ragioni dell’altro, convinto che dio fosse nella volontà di comprendersi in pace e impegnato con la forza della testimonianza e dell’azione nonviolente a far crescere il terreno del confronto.
E poi mi è tornata in mente questa poesia di Edoardo Sanguineti.
Se ti rivivi, cosa ti correggi?/ebbene niente: sono riboccante di torturanti/rimorsi,/o donna mia: sono un'orripilante enciclopedia di cazzate incoglionate, di/semicriminali/supergaffes: e furono, i miei anni, un inimitabile campionario di irrimediabili/refusi/esistenziali:/ebbene, non ritoccherei una virgola sola, un puro punto solo: avrei/terrore/dell’effetto domino: ti modifichi un gesto, una parola: ti rifai, tanto per fare,/il nodo/alla cravatta: ma che dico? ti tagli via, da una narice, un giorno, un pelo/appena in più,/non altro: e ti giuochi un destino - il destino: et tout se tient: e, poni caso/e poni/mente, poi: tu mi sparisci, allora fuori dalla rivita che io vivrei, concedendomi/il bis:/ebbene:/quello che ho avuto, così, me lo tengo: pur di tenerti, io mi ritengo,/identico.
Nel 1993 sono andato alla Biennale di Venezia. Il padiglione ungherese ospitava una installazione di Joeph Kosuth.
L’installazione si intitolava Zeno at the edge of the known world e consisteva nel rincorrersi di frasi tratte dalla coscienza di Zeno di Svevo in tre lingue sulle pareti del piccolo padiglione che le ospitava.
Le frasi si inseguivano, la grafia di ogni lingua seguiva il suo percorso.
A me che ero lì a guardarla ha dato un senso di smarrimento come capita davanti alle opere che hanno la capacità di cambiare il nostro modo di guardare il mondo.
Quelle lingue che pronunciavano lo stesso concetto in lingue diverse raccontavano (a me) le difficoltà del comunicare e la forza delle radici.
“Nei tempi bui, quello che definisce una buona opera d’arte mi sembra che sia la capacità di individuare e fare la respirazione bocca a bocca a quegli elementi di umanità e di magia che ancora sopravvivono ed emettono luce nonostante l’oscurità dei tempi”.
Lo ha detto, in risposta alla domanda del suo intervistatore, David Foster Wallace. Sono passati degli anni ma quella necessità è ancora qui, più forte di prima.
Abbiamo bisogno di cose belle, di respiri profondi, di baci linguosi e di abbracci stremanti.
Di sguardi fieri e di sorrisi. Di vestiti colorati e desideri bambini.
E, ovviamente, dei canederli di mamma SIlvana.
 
Ingredienti
Pane raffermo 200 gr
Brodo di carne 2 litri
Burro 30 g
Uova 2
Farina 40 g
Pepe una spolverata
Noce moscata una spolverata
Cipolle 1 piccola
Latte 150 ml
Guanciale 100 g
Salsiccia 1
Prezzemolo 1cucchiaio
Erba cipollina 1 cucchiaio
 
Preparazione
 
Mettete in una scodella il pane raffermo tagliato a dadini di circa un centimetro, aggiungete le uova sbattute con un pizzico di pepe e uno di sale ed il latte, mescolate per bene e lasciate riposare per almeno due ore coprendo il tutto con un tovagliolo o uno strofinaccio. Durante le due ore ricordate di mescolare di tanto in tanto il pane, facendo attenzione a voltare quello di sotto al di sopra, in modo che l'impasto assorba bene e in modo omogeneo dappertutto il liquido.
Il pane deve diventare umido e morbido ma senza spappolarsi.
Trascorse le due ore, tagliate finemente il guanciale e la cipolla e preparate un soffritto in olio extravergine d'oliva ed il burro.
Lasciate raffreddare il soffritto e, quando il pane sarà ammorbidito, incorporatelo all'impasto di pane insieme agli altri ingredienti: il prezzemolo e l'erba cipollina tritati, la noce moscata, e, alla fine, la farina.
Mescolate il tutto con cautela e per bene e coprite il recipiente per almeno mezz'ora per far si che tutti gli aromi dei vari ingredienti si fondano dando origine al sapore tipico dei canederli.
Passata la mezz'ora, formate con questo impasto i canederli che dovranno avere un diametro di circa 6-8 centimetri.
Una volta confezionati i canederli, li si fa rotolare su un piatto nella farina bianca e si tengono da parte.
Per quanto riguarda la cottura, i canederli vanno cotti nel brodo di carne bollente per almeno 15 minuti a fuoco molto basso.
Quando verranno a galla, i canederli saranno pronti.
Buon appetito!

VITERBO - Era il 1975 e la Milano Libri Edizioni, benemerita come pochi altri editori, mandava i libreria un fumetto di 350 pagine di grande formato in cui si raccontava la storia di Paulette.Paulette, ventenne procace e porcella, ingenua quanto basta per essere furbissima, ereditiera plurimiliardaria, si muove tra satiri vetusti, giovani bellimbusti altrettanto procaci amiche, in una danza avventurosa in compagnia di questa improbabile compagnia di giro tra la fine dei sessanta e l’inizio dei settanta del secolo scorso.

Paulette, borghese inconsapevole, travolge con la sua mitezza iconoclasta e impertinente qualunque certezza, qualunque fede, qualunque convinzione, con anarchica passione solo per la passione stessa.

Paulette sono andato a ricercarla nello scaffale della libreria dove tengo i fumetti. Paulette l’ha disegnata Pichard e l’ha scritta Wolinski.Wolinski è morto a Parigi nei giorni scorsi, ucciso nell’assalto alla redazione di Charlie Hebdo.

C’è un bell’articolo di Ernesto De Martino che richiama lo studioso di cose che hanno a che fare con noi esseri umani, ad esercitare i propri uffici abbandonando l’idea di potersi collocare in una posizione neutra ed equidistante da ogni punto di vista per assumerne una chiaramente situata e figlia del proprio esser figlio di una storia e di una cultura.

C’era una volta un piccolo filosofo italiano (piccolo perché dalle foto sembra minuto) che ha fatto della mitezza la sua cifra più riconoscibile.Quel piccolo filosofo si chiamava Aldo Capitini e ha passato tutta la vita a cercare di affermare le ragioni della nonviolenza, della tramutazione degli uomini, della religione aperta.Lui, che fece atto di apostasia per aprirsi alle ragioni dell’altro, convinto che dio fosse nella volontà di comprendersi in pace e impegnato con la forza della testimonianza e dell’azione nonviolente a far crescere il terreno del confronto.

E poi mi è tornata in mente questa poesia di Edoardo Sanguineti.Se ti rivivi, cosa ti correggi?/ebbene niente: sono riboccante di torturanti/rimorsi,/o donna mia: sono un'orripilante enciclopedia di cazzate incoglionate, di/semicriminali/supergaffes: e furono, i miei anni, un inimitabile campionario di irrimediabili/refusi/esistenziali:/ebbene, non ritoccherei una virgola sola, un puro punto solo: avrei/terrore/dell’effetto domino: ti modifichi un gesto, una parola: ti rifai, tanto per fare,/il nodo/alla cravatta: ma che dico? ti tagli via, da una narice, un giorno, un pelo/appena in più,/non altro: e ti giuochi un destino - il destino: et tout se tient: e, poni caso/e poni/mente, poi: tu mi sparisci, allora fuori dalla rivita che io vivrei, concedendomi/il bis:/ebbene:/quello che ho avuto, così, me lo tengo: pur di tenerti, io mi ritengo,/identico.

Nel 1993 sono andato alla Biennale di Venezia. Il padiglione ungherese ospitava una installazione di Joeph Kosuth.L’installazione si intitolava Zeno at the edge of the known world e consisteva nel rincorrersi di frasi tratte dalla coscienza di Zeno di Svevo in tre lingue sulle pareti del piccolo padiglione che le ospitava.Le frasi si inseguivano, la grafia di ogni lingua seguiva il suo percorso.

A me che ero lì a guardarla ha dato un senso di smarrimento come capita davanti alle opere che hanno la capacità di cambiare il nostro modo di guardare il mondo.Quelle lingue che pronunciavano lo stesso concetto in lingue diverse raccontavano (a me) le difficoltà del comunicare e la forza delle radici.“Nei tempi bui, quello che definisce una buona opera d’arte mi sembra che sia la capacità di individuare e fare la respirazione bocca a bocca a quegli elementi di umanità e di magia che ancora sopravvivono ed emettono luce nonostante l’oscurità dei tempi”.

Lo ha detto, in risposta alla domanda del suo intervistatore, David Foster Wallace. Sono passati degli anni ma quella necessità è ancora qui, più forte di prima.Abbiamo bisogno di cose belle, di respiri profondi, di baci linguosi e di abbracci stremanti.Di sguardi fieri e di sorrisi. Di vestiti colorati e desideri bambini.E, ovviamente, dei canederli di mamma SIlvana. 

Ingredienti

Pane raffermo 200 gr

Brodo di carne 2 litri

Burro 30 g

Uova 2

Farina 40 g

Pepe una spolverata

Noce moscata una spolverata

Cipolle 1 piccola

Latte 150 ml

Guanciale 100 

Salsiccia 1

Prezzemolo 1cucchiaio

Erba cipollina 1 cucchiaio

 Preparazione 

Mettete in una scodella il pane raffermo tagliato a dadini di circa un centimetro, aggiungete le uova sbattute con un pizzico di pepe e uno di sale ed il latte, mescolate per bene e lasciate riposare per almeno due ore coprendo il tutto con un tovagliolo o uno strofinaccio. Durante le due ore ricordate di mescolare di tanto in tanto il pane, facendo attenzione a voltare quello di sotto al di sopra, in modo che l'impasto assorba bene e in modo omogeneo dappertutto il liquido.Il pane deve diventare umido e morbido ma senza spappolarsi.Trascorse le due ore, tagliate finemente il guanciale e la cipolla e preparate un soffritto in olio extravergine d'oliva ed il burro.Lasciate raffreddare il soffritto e, quando il pane sarà ammorbidito, incorporatelo all'impasto di pane insieme agli altri ingredienti: il prezzemolo e l'erba cipollina tritati, la noce moscata, e, alla fine, la farina.Mescolate il tutto con cautela e per bene e coprite il recipiente per almeno mezz'ora per far si che tutti gli aromi dei vari ingredienti si fondano dando origine al sapore tipico dei canederli.Passata la mezz'ora, formate con questo impasto i canederli che dovranno avere un diametro di circa 6-8 centimetri.Una volta confezionati i canederli, li si fa rotolare su un piatto nella farina bianca e si tengono da parte.Per quanto riguarda la cottura, i canederli vanno cotti nel brodo di carne bollente per almeno 15 minuti a fuoco molto basso.Quando verranno a galla, i canederli saranno pronti.Buon appetito!





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